L'imputato
si era procurato indebitamente,
mediante uso di uno strumento di ripresa visiva,
immagini attinenti alla vita privata della persona offesa,
introducendosi nel giardino adiacente all'abitazione
in cui essa si trovava.
Il Tribunale con la precedente sentenza aveva accertato il
reato di interferenze illecite nella vita privata in quanto egli aveva violato il domicilio della persona offesa.
Dello stesso avviso anche la Corte di Cassazione che
ribadisce che "il riferimento contenuto nel primo comma dell'art. 615-bis
c.p. ai luoghi indicato nell'art. 614 c.p. ha la funzione di delimitare gli
ambienti nei quali l'interferenza nella vita privata altrui assume rilevanza
penale, ma anche quella di recepire il regime giuridico dettato dalla
disposizione.
Aggiunge infatti che "ai fini della configurabilità del
reato punito dall'art. 615 bis c.p. è irrilevante la mancata
identificazione, o la non identificabilità, della persona cui
si riferisce l'immagine abusivamente captata
dal terzo, atteso che il titolare dell'interesse protetto dalla
norma non è soltanto il soggetto direttamente attinto dall'abusiva captazione
delle immagini, ma chiunque, all'interno del luogo violato, compia abitualmente
atti della vita privata che necessariamente alle stesse si ricolleghino".
Per
questi motivi la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso
dell'investigatore privato.
Vai alla motivazione della sentenza 41021/2012
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