Sui malefici dei cellulari si
parla da anni, anche se ogni tanto salta fuori uno studio pronto a riscattarne
la reputazione. Eppure altrettante ricerche hanno ormai data per certa la
relazione tra onde elettromagnetiche,
emesse dai telefoni cellulari (ma anche altri dispositivi wi-fi, ndr), e tumori
cerebrali (di cui alcuni incurabili).
Da
ora in avanti però diventerà un compito sempre più arduo, per via di una
sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione che ne dichiara la concausalità in un caso di tumore.
Come
si può leggere in maniera approfondita proprio sul nostro portale (Cassazione:
Inail deve riconoscere rendita a chi contrae tumore per uso lavorativo del
cellulare ).
E ciò accade qui da noi in Italia, battendo il resto d'Europa e del mondo. Doppia speranza: per i
malati e per noi italiani, che lottiamo per avere un qualche riscatto
all'interno di questa Comunità che ci denigra (e non sempre a torto). Una
sentenza che aprirà certamente la
strada ad una serie di cause, ricorsi e appelli, oltre che di una probabile class-action. Un'impresa
titanica per il popolo italiano, ma che prima o poi potrebbe diventare realtà
grazie all'impegno di alcune figure chiave nella vicenda.
Innanzitutto il Professor Angelo Levis, esperto in mutagenesi (mutazioni genetiche, come i
tumori appunto) ambientale a Padova, che ha seguito il manager sin dall'inizio,
insieme con uno studio legale torinese che si sta occupando di ben sete cause
simili. E poi Codacons, che da
mesi sta valutando l'ipotesi di un'azione collettiva.
Potrebbe risultare anche determinante il supporto di alcuni parlamentari,
tra cui il senatore Felice Casson,
che combattono contro l'atteggiamento superficiale del Governo nei confronti
dell'invito alla cautela
lanciato dal Consiglio d'Europa, così come quello molto grave di aver
"scordato" di comunicare in maniera efficace il messaggio
cellulare=rischio di tumore.
E dimenticandosi persino del Consiglio Superiore della Sanità che, riunitosi in gran urgenza il
15 novembre 2011, produsse un documento di ben sette pagine in cui si invitava
il Ministero della Sanità del Governo Berlusconi a promuovere l'uso di
auricolari per ovviare il rischio di neoplasie, e sconsigliarlo ai bambini. E
siccome il Consiglio si era riunito su
richiesta specifica del Ministero, giusto allora ignorarne le direttive.
Sia mai che i soldi pubblici per una volta potessero essere investiti con
coerenza.
A rimarcare la grave, anzi gravissima (visto che c'è di mezzo
la nostra salute), pecca e dimenticanza ministeriale c'è anche la vicenda
personale di un avvocato Potenza,
a cui i medici hanno diagnosticato un tumore al cervello, non escludendo tra le
cause l'uso del cellulare. Il professionista si è rivolto direttamente al
ministero per chiarimenti, e dopo una serie di lettere ha ricevuto una
risposta. Che suona: "Il tema di possibili rischi per la salute
conseguenti all'utilizzo del telefono cellulare è alla costante attenzione
anche a seguito della classificazione stabilita dall'Agenzia Internazionale per
la ricerca sul cancro di agente possibilmente cancerogeno per l'uomo".
E anche: "Attraverso studi epidemiologici la stessa Agenzia ha
evidenziato limitata cancerogenicità tra gli utilizzatori del telefonino in
relazione al tumore maligno del cervello e del nervo acustico".
Ora, a parte il fiato che viene a mancare nel leggere queste
frasi (non per paura ma per mancanza di punteggiatura), il Ministero ha
confermato all'avvocato che il cellulare potrebbe essere causa, e ha chiuso la
missiva redarguendo da un uso eccessivo del cell. E se l'avesse fatto un po'
prima, magari a partire da un anno fa, quando il Consiglio lo suggerì? Meglio
spendere soldi per campagne di sensibilizzazione sull'evasione fiscale che
sulla salute?
La class-action che
potrebbe realmente portare al riconoscimento dei danni di invalidità , rischia
dunque di essere rafforzata dal comportamento poco coerente del Ministero della
sanità, incluso l'attuale Balduzzi. Troppo concentrati su tagli e spending
review rischieranno realmente di fare storia, almeno giuridicamente parlando.
Ma
alla fine chi pagherà realmente?
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